IN PRATICA PERFORMANCE | ROBERTO FASSONE

14 ottobre 2017

IN PRATICA PERFORMANCE
Comunicato Stampa

Un surreale tour nella Collezione Giuseppe Iannaccone. Un percorso di aneddoti e coincidenze; un racconto che inizia in un sogno e prosegue in una piccola cittadina svedese, passa per segreti nascosti in una torta, bronzee ragazze portafortuna, bugie, copie di bugie, memorie, profumi, cuori che battono ogni mille anni e biblioteche senza parole. Una sola storia vera e altre sedici in bilico tra il possibile e l’improbabile, l’incredibile e il plausibile, la realtà e la finzione.

Uno speciale ringraziamento ad Andrea Zucchi

Fotografie performance Riccardo Banfi

 

 

 

Pubblicazioni

In Pratica: appunti di Dario Moalli sul progetto della Collezione Giuseppe

Iannaccone Appena fuori dall’uscita della metro di San Babila se si guarda in alto, verso corso Matteotti, ci si imbatte nel grattacielo Rimini, il primo edificio a ingolfare verticalmente loskyline milanese.

All’angolo del secondo piano c’è l’ufficio dell’Avvocato Giuseppe Iannaccone e, per chi lo sa, basta gettare lo sguardo oltre le ampie finestre per intravedere qualcosa di diverso rispetto a un normale ufficio.

È da un po' che non passo lì sotto, però mi ricordo quando dalla strada si intravedeva un cavallino a dondolo dalla sagoma un po' insolita. Tutto lo Studio aveva una forma d’accoglienza unica per quello che ospitava: avvocati, certo, ma anche e soprattutto opere d’arte. Ancora prima di varcare la soglia dello Studioun’opera di Nathalie Djurberg & Hans Berg era sospesa davanti le porte dell’ascensore.

Una volta entranti, ogni scorcio era un invito a proseguire negli spazi per seguire la cadenza di sculture, dipinti, fotografie e installazioni disseminate ovunque, dalle zonecomuni ai singoli uffici. Quando arrivai io, lì dentro tutto era ancora in divenire. Dopo

poco venne invitato Davide Monaldi e la Collezione prese un’altra forma: un’enorme carta da parati di ceramica prese posto su una della due pareti della sala riunioni principale, accanto era posizionata una piccola statua nera a cui ogni mattina dovevo gonfiare e mettere in mano un palloncino, anch’esso nero. Poi centinaia di statuine, per l'esattezza 365, invasero gli scaffali del corridoio. Seguì Luca De Leva, che volle delle opere di Arnaldo Badodi in Studio. Per la prima volta delle opere della collezione degli anni Trenta vennero ospitate negli uffici, di solito erano gelosamente custodite a casa dell’Avvocato, ma l’ospitare giovani artisti a cui veniva chiesto di confrontarsi con le opere della Collezione fece cambiare forma e abitudini. Così quel povero artista di Corrente morto in Russia durante la Seconda Guerra Mondiale comunicava con i disegni di bambini e i cavallini a dondolo di Luca De Leva.

Qua e là qualche dettaglio in comune faceva capire il perché. E poi un altro cambiamento ancora, tutto diverso, opere destinate al caveau, altre tirate fuori per l’occasione, per Andrea Romano. Nella grande parte dove Monaldi aveva messo la carta da parati ora era appeso un piccolo disegno con la cornice di marmo lavorato. Un enorme vuoto dava forza a quell’opera. Roberto Fassone non fece spostare nulla, per un giorno intero si finse avvocato. Portò in giro i visitatori raccontando una sua versione della Collezione, delle opere, degli artisti. A quasi tutti cambiò nome, divennero giocatori dell’NBA. Raccontò dieci storie, una solo era vera. Fu molto divertente, e nonostante avessi lavorato in Collezione per quasi due anni feci fatica pure io a scoprire quale fosse la storia vera. Il mio elenco finisce con Beatrice Marchi che invase lo studio con Katie, Fox, Mafalda, Loredana, Susy e Isa B, sue alter-ego, amiche, fantasmi. Anche lei volle Badodi, ma anche Birolli. Era un gioco, un invito, un’apertura, il progetto In Pratica guidato da Rischa Paterlini.