Bruno Cassinari nasce a Piacenza nel 1912 e muore a Milano nel 1992. Fin dagli esordi si dedica con convinzione al genere del ritratto, firmando già nel 1936 — due anni prima di conseguire il diploma all’Accademia di Brera — l’imponente Ritratto della madre, raffigurata seduta a mezza figura. La sua inclinazione ritrattistica si distingue per il rifiuto di qualsiasi intento di rappresentazione sociologica: Cassinari mira piuttosto a cogliere la singolarità dell’incontro con l’individualità del soggetto. Non a caso, i protagonisti delle sue opere sono quasi sempre persone a lui care. È il caso del Ritratto di Ernesto Treccani (1941), in cui l’artista indaga la dimensione intima dello sguardo dell’amico. Cassinari concentra l’attenzione sull’espressività del volto giovane, costruendolo attraverso una solida impostazione volumetrica e spaziale, che si articola grazie alla sapiente sottolineatura delle direttrici orizzontali e verticali. In questi anni, il suo linguaggio pittorico si afferma con una voce personale e riconoscibile, soprattutto per le scelte cromatiche. Predilige una gamma di toni sobri e pacati, evitando eccessi espressivi in favore di una delicatezza sussurrata. Nel Ritratto di Ernesto Treccani, i colori, talvolta lievemente lividi, e le tonalità giallognole del volto — appena attenuate — suggeriscono uno stato d’animo malinconico. Cassinari non descrive, ma rivela: con semplicità e misura, restituisce la complessità emotiva del suo soggetto.