Tejal Shah

Artist's biography

Tejal Shah è nata nel 1979 a Bhilai in India e oggi vive e lavora a Mumbai. L’artista lavora con diversi media come i video, la performance, le installazioni e fotografie. “Ho lavorato con il corpo intendendolo come un’entità avente particolare genere e sessualità fino all’inizio della mia carriera. Mio particolare interesse è sempre stato soffermarmi sulle parti più circoscritte della categoria maschio e femmina, riflettendo su cosa e chi potesse costituire la mascolinità e la femminilità. I miei soggetti sono spesso donne, trans gender o transessuali, i quali sono stati emarginati nella storia della rappresentazione ma che si espongono in improbabili pose negli scenari di rappresentazione che costruisco”. Rispetto all’opera Back to front I & II del 2000, l’artista descrive del rapporto con il transessuale ritratto: “E’ stata la prima volta per entrambi. Ho intuito la tua differenza, la tua stranezza. Non avevi mai osato travestirti di fronte a nessuno e io non mi ero ancora esposta a nessun trans-. Quando fu buio e calò il silenzio, nascosti dagli occhi del mondo, ti sei trasformato. Rannicchiato nel retro del negozio di tuo padre, ti ho guardato con stupore e meraviglia. Hai temuto le strade, sia piene che vuote. Finalmente camminammo allo scoperto insieme”. Nel 2007 l’artista risiede nella residenza per artisti a Parigi e si imbatte nel libro “Invention of Hysteria: Charcot and the Photographic Iconography of the Salpétrière” del filosofo francese Georges Didi-Huberman.” Sono stata poi presa immediatamente dalla complesso intreccio tra l’invenzione della fotografia e il suo uso nelle imprese coloniali della metà del diciannovesimo secolo, così ben analizzate da Malek Alloula in “The Colonial Harem for instance”; la natura “teatrale” di questi archivi fotografici – che mettono in collegamento il modello/paziente, dottore, fotografo e la consuetudine scientifica post-rinascimentale che stabilisce ad essi un’autorità credibile. I fotografi d’archivio sembrano così impassibili, perfino umoristici all’inizio, ma presto rivelatori del senso di cupezza che sta dietro una storia dolorosa. Lavorando con il ballerino e coreografo Marion Perrin, che appare anche in alcune di queste fotografie, ho iniziato a sviluppare una serie di auto-ritratti, tra cui Lethargy, con il fine di ricreare alcune delle immagini di quest’archivio. Mostrando come soggetto il medico e il fotografo, esse indagano la posizione dell’artista nell’intraprendere questo ruolo. E’ stato molto difficile esprimere in queste immagini la Storia. Dopo delle ricerche, ho realizzato che molto immagini erano state scattate subito dopo dei trattamenti di shock provocati ai pazienti in bocca o sui nervi delle orbite nei casi di isteria fotofobica”.