Elizabeth Joy Peyton è nata nel 1965 a Danbury in Connecticut e tra il 1984 e il 1987 ha vissuto a New York, dove ha frequentato la School of Visual Arts. Negli anni ’90 si instauravano diverse tendenze che diffondevano, in modo implicito ed esplicito, la considerazione della pittura quale retaggio del passato, una tecnica ormai obsoleta, da abbandonare in favore di un approccio che considerasse i media di nuova generazione. Elizabeth Peyton, al contrario, si lega ad una ritrattistica molto espressiva e dalle piccole dimensioni, in cui i soggetti prediletti sono le persone a lei vicine, amici e familiari, o personaggi storici e contemporanei, come Lady Diana, David Hockney, Andy Warhol e David Bowie. Attraverso una varietà di materiali e tecniche, come olio, acquerello, disegno e incisione, l’artista realizza opere che raffigurano figure avvolte da un’aura eterea e dalla natura androgina, capaci di generare una complessa stratificazione di significati e interpretazioni. Questi soggetti sembrano intrappolati in istanti sospesi, come frammenti di tempo congelati, dove i loro sguardi, intensi e penetranti, cercano di stabilire un dialogo con l’osservatore, rivelando la loro profonda vulnerabilità. I grandi protagonisti della storia, deposti dalla loro iconica grandiosità, si trasformano in uomini e donne comuni, privati del loro status simbolico e confinati in una dimensione introspettiva e intima. Così Fred Hughes, manager di Andy Warhol, seduto composto su un divano rimane solo con i suoi pensieri, svelando la sua essenza più intima, avvolto da una forza spoglia di qualsiasi idealizzazione: Fred Hughes in Paris (1994). Un altro esempio è l’opera dal titolo Jonathan (2004), dove Elizabeth Peyton ritrae Jonathan Horowitz, artista newyorkese con il quale collabora attraverso mostre ed esposizioni.