Victor Man

Artist's biography

Victor Man è nato nel 1974 a Cluj, Romania e oggi vive e lavora tra Berlino e la sua città natale. Appartiene a una generazione cresciuta negli anni Ottanta, nel periodo più austero del Comunismo di Ceausescu in Romania; un lasso di tempo che ha influenzato la sua fantasia e immaginazione di adolescente oltre alla sua iniziale formazione, prima del trasferimento a Berlino. Isolamento e censura hanno contribuito nel suo fare artistico portandolo a impossessarsi di qualsiasi cosa non fosse raggiungibile, osservandola o, se possibile, ricreandola. Le opere dell’artista rumeno, caratterizzate da una cromia fredda e scura, sono attraversate da una forte carica introspettiva, giocate continuamente sulla soglia di un’interpretazione che annuncia e rifiuta ogni possibilità di lettura. All’inizio della carriera artistica, la pittura di Victor Man era sviluppata a partire dall’elaborazione di immagini fotografiche tratte dal reale – dalle quali veniva rimosso il contenuto informativo e narrativo; solo successivamente l’artista si è concentrato sull’invenzione e lo sviluppo di un’iconografia autonoma, all’interno della quale frequenti rimandi letterari si fondono con la sua stessa biografia. Letteratura e storia dell’arte, memoria collettiva e vissuto personale sono gli elementi con i quali l’artista tesse un racconto che non segue una linea temporale definita, all’interno del quale le distinzioni tra presente e passato, finzione, immaginazione e realtà sono abolite. Tuttavia una costante nei dipinti a olio di Man è il fatto di essere sempre debitore al figurativo, privo però di qualsiasi riferimento esplicito per poter rifuggire ogni lettura di superficie. Ogni dipinto è un luogo di transizione: gli piace creare enigmi visivi piuttosto che fornire soluzioni interpretative. Caduto ogni elemento narrativo, l’unica possibilità di comprensione utile per decifrare queste tele è data dalla necessità di trovare una mediazione tra pittore e osservatore, chiamati entrambi ad accettare l’indecifrabilità delle cose dietro la loro illusoria permanenza. Stati d’animo, ricordi sfuggenti, frammenti visivi e impulsi onirici si mescolano in una lettura fluida e allusiva, in cui ogni presenza invoca una assenza. “Sono interessato alla pittura dal punto di vista di una sorta di continuità nella Storia dell’Arte. Per almeno cinquant’anni sono stati avanzati incessantemente dei dubbi circa la capacità della pittura di fare dei progressi. Ma forse è proprio la sua marginalizzazione che la riporterà di nuovo al centro; questa condizione agonizzante la sta fortificando. Mi interessa ciò che potrebbe darle un significato diverso. Penso che siamo solo agli inizi di un processo di ridefinizione della pittura”. L’opera presente nella collezione di Giuseppe Iannaccone, Untitled del 2011, vede protagonista una giovane figura  assorta nei propri pensieri con un’espressione che lascia intendere un momento di raccoglimento che conduce alla riflessione più intima. Il dipinto, avvolto da un’atmosfera malinconica, ricorda per certi versi il periodo blu picassiano fatto di personaggi soli in cui il mondo viene interiorizzato. Il volto è androgin, incerto nella fisionomia e nelle sembianze. Questo tema rafforza l’immagine di un’identità in perpetuo movimento e suggerisce quanto ricca e misteriosa sia l’essenza delle cose al di là della loro apparenza.