Shadi Ghadirian

Tehran, 1974

Artist's biography

Shadi Ghadirian è nata a Tehran nel 1974 dove ancora oggi vive e lavora. Figlia di una generazione post rivoluzionaria, cresciuta con le promesse di dialogo culturale mondiale fatte dal Presidente  Khātami, che governo'  fino al 2005,  che promise di migliorare  lo stato delle donne e di dare una risposta alle domande delle generazioni più giovani, sente la necessità  di raccontare i propri disagi e i propri sentimenti attraverso scatti fotografici che sfidano i preconcetti internazionali sul ruolo delle donne all'interno di uno stato islamico. I suoi lavori descrivono, in chiave ironica, un'identità femminile che indaga il rapporto tra modernizzazione e tradizione. Due anni dopo la laurea, Ghadirian sposò il fotografo Payman Houshmandzadeh. Ricevette molti regali per il matrimonio, tutti legati alle faccende domestiche e, come se questo non bastasse, dovette improvvisamente confrontarsi con gli impegni quotidiani della vita domestica. Ha dovuto imparare a cucinare, stirare e pulire. Ha dovuto essere casalinga, oltre che fotografa e moglie. Questa nuova vita ispirò la sua serie, Like Every Day, dove le donne sono vestite del chador, non nero visibile in moltissime immagini dell’Iran, ma preferisce quello riccamente decorato, colorato, femminile e morbido che le donne tradizionalmente indossano in casa per ricevere gli ospiti. Ghadirian gioca col contrasto fra i suoi soggetti senza volto che veste con questi chador “casalinghi” e l’equipaggiamento domestico: un ferro da stiro, una scopa, una teiera, una tazza da tè, pentole e tegami, guanti di gomma e attrezzi.

“Il ritratto fu proibito nei Paesi islamici duecento anni fa, ma sono ormai più di 150 anni che in Iran ci sono ritratti fotografici. Per me è davvero affascinante pensare che le persone vogliano immortalare i loro volti, e soprattutto vedere che nella maggior parte delle fotografie non sembrano nemmeno loro. I visi hanno un significato speciale per me: appena vedo qualcuno riesco a capire che tipo di persona è, se mi piace o no.”

La forza del suo lavoro sta nel saper utilizzare in modo razionale gli strumenti prodotti dalla tradizione, ispirandosi ai ritratti pittorici e fotografici tipici della dinastia Qajar che regnò in Persia dal 1794 fino al 1925.  In collezione Iannaccone ci sono due fotografie che prendono il nome da questa dinastia, tutte realizzate sul finire degli anni novanta. Ogni piccolo particolare è studiato con precisione dall'artista: dai fondali, alla postura delle modelle, ai loro abiti con un che di retrò. Donne a cui affida un oggetto tratto dalla modernità. L'artista vuole indurre lo spettatore a porsi delle domande: ma la radio o il telefono sono veramente il simbolo di opposizione al velo? Lo stesso equilibrio fra paradossi vi è anche nella scena di due fotografie appartenenti alla serie Nil Nil realizzata nel 2008 dove vengono introdotti nel quotidiano oggetti appartenenti alla guerra. Il forte contrasto derivante dall’accostamento di queste due tipologie di oggetti – bellici e domestici – fa ricordare che i conflitti, vicini o distanti dalle nostre abitazioni, continuano ogni giorno, mentre noi viviamo nella nostra tranquilla quotidianità domestica.