Francesco Gennari

1973

Artist's biography

Francesco Gennari, nato nel 1973, decide di lasciare la facoltà di giurisprudenza a soli cinque esami dalla laurea, vive e lavora tra Milano e Pesaro. Riflessivo e misterioso s’ispira all’opera dell’artista e poeta Giorgio de Chirico e al pensiero di Schopenauer e Nietzsche. I temi di fondo dei suoi lavori, così precisi nei particolari da non lasciare nulla al caso riguardano l’esistenza dell’uomo con i suoi limiti e con il desiderio di infinito. Essi nascono “in quel luogo al di là del tempo e dello spazio” che è il suo studio, dove si chiude “per compiere magie ed esperimenti”. Coleotteri, lombrichi, vermi e lumache, trattati con religioso rispetto, animano le sue opere. Legno, marmo, terracotta, panna montata, gin e meringhe i materiali con cui le realizza, “ognuna di loro porta con sé una memoria, un’emozione, una sensazione, e in tal senso mischiare materiali è come mischiare concetti”. Camicia bianca, loden, in pelliccia di scoiattolo nella versione invernale, e Clark’s sono il suo modo, da sempre, non solo di vestire ma di essere. Gennari introduce la figura del demiurgo che “non si riferisce al classico demiurgo platonico”, in cui il divino artigiano contempla le idee plasmando la materia sul modello delle stesse, ma nasce in modo innato “per porsi al centro del mondo affinché questo mondo diventi a sua immagine e somiglianza”. La collezione Iannaccone è l’unica al mondo a possedere tutti gli autoritratti realizzati dall’artista. Su tutti spicca quello tra un quadrato e un triangolo. Due forme geometriche s’incontrano in un blocco di marmo nero del Belgio e si immergono in una vasca di gin in modo che il liquido possa impregnare la porosità del marmo. Il gin rappresenta l’entità astratta che si nasconde l’artista, la cui emotività è parzialmente controllabile, portandolo a delle scelte che ama non con la ragione, bensì con l’istinto. “Quel giorno mi sono svegliato e ho desiderato fortemente essere tra due geometrie perfette e lì riflettere su me stesso”. L’opera di Francesco Gennari è un racconto a più capitoli dove l’ultima delle sue creazioni anzi, dei suoi figli, come ama chiamarli è Il corpo torna alla terra, l’anima torna al cielo (con una macchia d’amarena nel cuore). Gennari, così come accade per le lumache quando muoiono, abbandona a terra il suo guscio e libera l’anima al calar della sera dove per de Chirico “si fusero i volumi e le forme. Uomini ed animali passavan come ombre silenti
nella luce crepuscolare.
 Luce di sogno lungo. Giungon sordi i rumori strani
solo le ruote della mente roteano vertiginose”. Maurice Blanchot scrisse “ogni vera opera d’arte, non può essere che un’allegoria di un fallimento, ma è solo così che l’artista può tentare di aprire uno spiraglio al di là dei limiti del finito, attraverso una ricerca che non può avere mai fine”.