Regina José Galindo è una delle artiste più significative dell'America centrale. Nata nel 1974 a Città del Guatemala, dove attualmente risiede e lavora, trascorre la sua adolescenza tra gli eventi drammatici del conflitto armato sotto il regime di Ríos Montt tra il 1982 e il 1983. L’artista, nelle sue interviste, rivela come i giovani dell’epoca avessero la certezza di non poter essere nulla, che il loro futuro non sarebbe esistito, cancellato dal controllo, dalla censura e dalla repressione. Le generazioni precedenti di intellettuali e artisti erano state sterminate, così Galindo sviluppa e utilizza la sua arte come protesta, come denuncia contro il regime, le oppressioni e le ingiustizie. Nelle sue performance e nelle sue fotografie, l'artista si concentra sulla denuncia della condizione femminile e su ogni forma di violenza e sottomissione verso le persone ai margini della società. Regina Josè Galindo rinuncia alla sensualità dei corpi, alla componente erotica del nudo, per una rappresentazione veritiera e cruda della sottomissione, della tortura e della debolezza. Corpo e mente sono piegati da queste esperienze strazianti, spingendo le figure al limite della loro sopportazione, raccolte nelle loro pose di oppresse, schiacciate dal peso dell’umiliazione. La sua poetica si identifica perfettamente nell’opera esposta a Palazzo Reale, dal titolo Piedra (2013), una fotografia che rappresenta il corpo dell’artista straziato, pietrificato – come suggerisce il titolo – in una posizione che comunica dolore, fisico e psicologico, enfatizzato dal simbolismo della cenere di carbone che ricopre la figura. Tra gli scatti fotografici in collezione Iannaccone anche il celebre ¿Quien puede borras las huellas? (chi può cancellare le impronte?), tratto dalla performance realizzata nel 2003 e che le è valso nel 2005 il Leone d’Oro alla 51. Biennale di Venezia come miglior giovane artista. "Ho camminato dalla corte Costituzionale fino al Palazzo Nazionale del Guatemala lasciando una scia di impronte di sangue umano in memoria delle vittime del conflitto armato in Guatemala e contro la candidatura alla presidenza di Efrain Rios Montt, ex militare, genocidi e golpista". Del 2006 è invece la fotografia che prende il titolo dalla performance Limpieza social: “Vengo lavata con una pompa a pressione, uno strumento impiegato per disperdere i manifestanti, oppure per lavare i detenuti appena giunti in prigione". L'ultima opera appartenente alla Collezione è Confesion (2007), il video di una performance in cui l'artista subisce il waterboarding da un aggressore silenzioso, trasformando la propria vulnerabilità in una denuncia viscerale della violenza invisibile nella società e dell'indifferenza verso la tortura e le violazioni dei diritti umani.