Michaël Borremans

Geraardsbergen, 1963

Artist's biography

Michael Borremans è nato nel 1963 a Geraardsbergen in Belgio e oggi vive e lavora a Ghent, in Belgio . E’ un artista che mette in dialogo differenti media: pittura, video, installazioni. Nell’atto creativo delle sue opere si forma una sorta di ciclicità, che parte dall’immagine fotografica, che sta alla base degli acquerelli che diventano dipinti, per poi essere sviluppati nei video ed eventualmente fotografati ancora. Michael Borremans, consapevole del fatto che, come disse Giorgio De Chirico “senza la scoperta del passato, non è possibile la scoperta del presente” non ha paura di dichiarare che è debitore, nella sua pratica artistica ad artisti come Francis Bacon, Goya, Velasquez, Manet, al regista David Lynch e al video artist Bill Viola. I richiami ai grandi nomi dell’arte del passato così come a quelli più contemporanei, non portano all’assenza di un’identità artistica propria, la creatività di Borremans infatti si evidenzia in quanto arte figurativa realistica, frutto di un’intuizione personale e non il risultato della profonda riflessione di un’idea altrui. L’artista belga si sente ispirato e affascinato da quella che lui stesso definisce “la magia dell’immagine”. Per la realizzazione delle sue opere tende a concentrarsi su un particolare aspetto reale culturale, in cui il punto focale è quello di cogliere l’essenza della presenza umana. Borremans arriva alla creazione di mondi metafisici e surreali, un immaginario personale abitato da figure senza tempo né storia, una produzione che si rifà all’antinarrazione. Sulle tele compaiono individui non identificabili o porzioni di corpo. La rappresentazione frazionata dell’essere umano nella sua fisicità, come nel caso dell’opera The Veils del 2001, porta a rendere i protagonisti delle opere, soggetti velati e indecifrabili, abitanti di una dimensione determinata dal silenzio. Borremans rafforza la psiche dei personaggi con la creazione di un’atmosfera mistica e alienante, grazie soprattutto a una grande padronanza della tecnica pittorica, che gli permette di rispettare e consolidare al tempo stesso la ieraticità dell’immagine. Gli individui presenti nelle opere non accennano ad alcun tipo di comunicazione, hanno spesso gli occhi bassi e a volte le pupille sono omesse nel disegno. Personaggi come bloccati in un momento preciso, chiusi in sé stessi e in un’azione che non si svolge; figure decontestualizzate che sembrano provenire da un’epoca vicina, che non pare essere la nostra. I suoi dipinti ci attraggono: ci sembra di conoscerli, ci appaiono familiari, ma in fondo non riusciamo mai a coglierne il significato ultimo, lascinadoci sospesi. La sua principale qualità è quella di saper trasformare il banale del quotidiano in qualcosa di misterioso ed enigmatico, portandolo ad un livello superiore della realtà. L’apice dell’enigma e dell’assurdo è raggiunto nelle opere in cui Borremans “inquadra” solo un dettaglio del corpo, come nel caso del dittico the Resemblance, la mano e i suoi gesti sono un’ estensione del pensiero creativo e spirituale del corpo dell’artista. Rappresentate con gli oggetti del “mestiere” connotano il ruolo del creatore dell’opera d’arte e aiutano nella visualizzazione del più particolare dei ritratti, quello del sé, denso di implicazioni sociali e psicologiche. Mostrare la mano significa per l’artista mostrare se stesso. In una delle due tele le mani sono quelle di un artista artigiano, poco raffinate, a dire che il mestiere si faceva con le mani. I fogli, sostanzialmente identici, narrano in modo allegorico il tema della pittura intesa come imitazione, solo azione della mano sulla tela, senza utilizzare la parte spirituale e concettuale dell’artista. La mancanza dell’orologio non significa che non ci sia ma semplicemente che il trascorrere del tempo non è importante. Nella seconda tela, l’artista afferra un foglio su cui sembra che le grosse pennellate cancellino quello che sta sotto. Con l’altra mano indica la tela stessa come a dire che l’artista, pur utilizzando il metodo classico della pittura non vuole semplicemente copiare, come si faceva nel passato, ma vuole trasferire sulla tela quello che lui sente vede e osserva. L’orologio deformato al polso dell’artista “artigiano” invita l’osservatore a riconsiderare la dimensione del tempo e della memoria nella quale il prima e il dopo si contaminano a vicenda. Quello che oggi interessa all’artista, da qui l’autoritratto, non è tanto l’essere riconosciuto per la perfezione nella raffigurazione di un’immagine, ma per il momento preparatorio. Per lui è quello il momento decisivo, quello che precede il dipinto. E’ come se il lavoro iniziasse un attimo prima, nel momento in cui il dipingere non è ancora iniziato ma l’elaborazione concettuale è completamente chiarita. Quando Borremans decide di dipingere ha già deciso cosa dipingere.