Emilio Vedova

Artist's biography

Emilio Vedova nasce a Venezia il 9 agosto 1919, da una famiglia di artigiani-operai, dove muore nel 2006. Comincia a lavorare giovanissimo per potersi mantenere e dedicarsi al disegno e alla pittura. Nel 1936 lo zio Alfredo Mancini lo ospita per un anno a Roma dove disegna paesaggi di rovine, prospettive e molti autoritratti. Nel 1937, dopo essere tornato a Venezia, decide di trasferirsi con il compagno altoatesino Hermann Pircher a Firenze, dove entrambi frequentano una scuola libera del nudo, ma passano molto tempo “in strada”, entrando così in contatto con gli ambienti antifascisti. Dopo qualche tempo, torna nuovamente a Venezia e l'Opera Bevilacqua La Masa gli concede uno studio-soffitta a Palazzo Carminati. Nel 1940 espone alla Galleria Ongania, a Venezia. Nel 1942 partecipa, a quello che poi risulterà essere l’ultimo, Premio Bergamo esponendo tre opere tra cui quella in collezione Iannaccone, Caffeuccio veneziano. Quest’opera affonda le radici nel futurismo di Boccioni e nelle opere di Tintoretto certamente ammirate nella sua città natale. I segni sono netti, violenti di colori profondi e intensi come il nero e il blu. Tra le figure intorno al tavolo, c’è chi fuma una sigaretta nell’attesa che qualcosa accada. Nella tela sembra trovare posto anche la solitudine in quella figura seduta da sola in un tavolino sullo sfondo che con le mani conserte sembra pregare iddio perché li salvi dai drammi della guerra. Nel 1952 Raffaele De Grada scrive in un libretto in Edizione del Milione “Il movimento di Corrente”: “Da Venezia arrivò un giovane con la folta barba. Usciva dalle pagine di un romanzo dell’Ottocento, con il cuore tenero degli anarchici dei romanzi. Vedova trovò le parole più roventi per il nostro manifesto del 1943: rotava la barba ad ogni suono che valeva uno scoppio di bomba. Aveva portato da Venezia dei disegni espressionistici, climatici. Il furore squadrato delle forme si pacificò gradualmente nel bianco e nero cubista. Lampo di stagione, temporale del ‘43, fermento del gruppo, Emilio Vedova, veneziano non ha superato con gli altri vascelli il capo di Buona Speranza del 1946. La sua agitazione è stata fertile nei momenti di punta. Vedova ha poi stagnato nelle acque del cubismo. Dal “1943” è in Corrente. Da lontano ci aveva seguiti. Forse da lontano ci segue ancora.