Nicola Galante

Vasto, 1883 – Torino, 1969

Artist's biography

Nicola Galante è nato a Vasto nel 1883 ed è morto a Torino nel dicembre del 1969. Il critico Edoardo Persico nel 1931, in un articolo apparso sull’Ambrosiano scrisse: “Le origini di questo pittore sono nello stupore che seppe suscitargli la sua terra di Abruzzo; tuttavia, sarebbe vano cercare in questo motivo, come nel suo mestiere di falegname, un elemento di nostalgie provinciali. Se i suoi primi saggi, apparsi in “Lacerba”, sono quelli di un silografo paesano, da quel tempo la sua semplice natura si è affinata, nel commercio con i “cittadini” e con le idee del Nord, fino alle tele ed ai guazzi dell’ultima esposizione sindacale piemontese, dove la sua opera appare modulata nella chiave di Cézanne. Di fronte al cosmopolitismo ed alle improvvisazioni di molti pittori italiani, questa fedeltà di Galante all’insegnamento di Soffici, e la tenacia con cui persegue le sue ricerche di naturalista scrupoloso, sono i segni di una nobile semplicità, nutrita dal culto della sua terra e, quasi, dall’incanto del suo dialetto. Per questo l’opera di Galante, pittore né grande né rappresentativo, coincide con una profonda ispirazione etica. Moltissimi, fra gli artisti italiani minori, dipingono meglio di lui od hanno ideali più vasti; ma egli è forse il solo che abbia impegnato tutta la sua vita in un rigore così intimamente poetico” Il dipinto in collezione Iannaccone fu esposto dal 16 al 26 novembre 1929 a Milano, quando Pier Maria Bardi, in accordo con Persico, decise di presentare anche al pubblico milanese quella “pattuglia giovane di anni e giovane di spirito” dei “6 pittori di Torino”, per quanto Galante fosse, insieme a Jessie Boswell, un po’ meno giovane degli altri componenti del gruppo. Fu Carrà in particolare a operare le dovute distinzioni fra le diverse personalità del gruppo, individuando in primo luogo le qualità grafiche di Galante e riscontrando altresì nei suoi paesaggi e nelle nature morte un “realismo di buona lega”, la cui dote più preziosa era la “delicatezza emotiva”. Gli fece eco Viviani, secondo il quale “Galante, attardandosi a fissare con amore i sereni effetti di un Uliveto, disegnando con passione alberi e paesi, né declama né stride né fa la voce grossa”. La “sommessa liricità” delle pitture di Galante, maturata soprattutto sullo studio degli impressionisti e di Cézanne, si coglie nella delicatezza di questo Uliveto, in cui le fronde degli alberi sembrano smaterializzarsi sotto l’effetto del vento.