Margherita Manzelli

Artist's biography

Margherita Manzelli è nata nel 1968 a Ravenna e oggi vive e lavora a Milano. Il suo fare artistico si sviluppa grazie ad una formazione tradizionale maturata nel periodo di studio presso l’Accademia di Ravenna, grazie alla quale ottiene una padronanza indiscussa del medium pittorico, in particolare della pittura a olio che utilizza sempre di più dalla fine degli anni Novanta in poi. L’artista ravennate si serve anche di sperimentazioni di matrice performativa, che le danno la possibilità di creare una forte connessione tra l’azione del proprio corpo, la pratica del disegno e la vena concettuale. “Le idee mi girano nella testa mentre faccio le cose più disparate. Poi scompaiono, e qualche volta per sempre. Altre volte invece restano finché non ne rimane che una sola, di solito la più forte di tutte. Un po’ come sintonizzare i canali di una radio. E quando succede non è che corro a disegnarle o dipingerle. Le tengo chiuse dentro la testa. E’ un’abitudine ormai. Mi piace avere queste immagini all’interno di uno spazio chiuso, sovrapponendole alle cose che faccio durante la giornata (…) finché la frizione tra le cose che vedo nella vita e le cose che vedo nella testa diventa insostenibile e le immagini nella mia testa diventano talmente nitide da essere invadenti (…) è il momento in cui nella mia testa le cose cominciano a prendere forma e posso dunque andare a dipingerle”. La pittura di Margherita Manzelli attraverso un’interpretazione del tutto personale del dato reale riesce a rinnovare il versante figurativo dell’arte italiana; l’artista penetra luoghi mentali in cui troviamo protagoniste figure femminili. Creature longilinee, adolescenti seminude dalle posture solo apparentemente languide, che nascondono un’anima inquieta; figure esili e sole che mostrano un fisico quasi nervoso e sfidano lo sguardo dell’osservatore, fissandolo negli occhi. Entrambe le opere presenti nella raccolta Iannaccone propongono il soggetto che caratterizza la produzione di Margherita Manzelli: un esile corpo femminile, evanescente, fragile e delicato. Nell’opera S del 2000, il fulcro del dipinto è un corpo femminile disteso su un cubo ricoperto da quella che sembra essere una coperta pezzata: la donna sdraiata in posizione supina, con gli avambracci nascosti dietro la schiena e le gambe che cadono penzoloni. Il viso è rivolto verso lo spettatore e sembra scrutare qualcosa oltre il quadro; gli occhi, di un blu intenso emergono come elementi del volto che esprimono uno stato d’animo, assente invece in un corpo che sembra privo di vitalità. “Ognuno usa i mezzi (…) che sono congeniali alla riuscita delle proprie cose. Per me è più semplice dipingere corpi magri, riesco a dipingerli meglio. Però non è perché penso che siano più interessanti (…) è proprio perché mi piacciono di più, mi riescono meglio. E’ un discorso di valori formali, luci e ombre”.